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Il Molise è vivo e lotta insieme a noi, per l’Appennino

Basta un giro d’orizzonte dal belvedere Ripa di Agnone. Basta uno sguardo verso spazi e paesaggi non profanati dal cemento, soltanto accarezzati dalla mano degli uomini, dove transitano le greggi e riposano armonia e bellezza.
Basta…per capire che non c’è nulla di più reale del panorama della regione più irreale d’Italia: il Molise esiste, è vivo e lotta insieme a noi, per l’Appennino.

È la stessa sensazione percepita nei paesi dell’Alta Irpinia, della Basilicata, del Pollino, in Abruzzo, oppure nelle Marche interne, nei borghi fantasma dei Sibillini e su fino al Passo della Cisa…

È proprio dove tutto sembra finito che – al contrario – ogni cosa indica un nuovo inizio, ogni cosa risplende; ogni casa, ogni prato, ogni cima innevata, ogni stalla, ogni sorriso, ogni rudezza, appaiono in effetti – per chi le sa guardare – cariche d’energia e traboccanti, ancora, di un’anima che non se n’è andata.

Qui i nostri avi hanno incontrato gli dei, per la prima volta, qui hanno combattuto per la loro identità, per la prima volta. Qui e non tra i capannoni che sgomitano per trovare un posto in pianura e sulla costa, nella nuova economia dei centri commerciali e delle piazze Cina, dei bancomat e delle immobiliari fallite.

Qui sono le pietre aguzze e gli scalpellini di Pescopennataro, gli stemmi dei palazzi di Agnone, le architravi squadrate delle abitazioni più modeste, le cornici rococò in San Francesco e il portale istoriato di Sant’Emidio.
Qui il tempio di Ercole Curino sul Morrone e la tavola sannitica degli dei, il tempio e il teatro celeste di Pietrabbondante.
Qui la congregazione dei morti e la processione del venerdì santo, i riti del fuoco del Natale-solstiziale e la lega italica, il caciocavallo e le transumanze nomadi lungo il tratturo regio.

A volte basta un giro d’orizzonte per ricordare perché lo si ama così visceralmente quest’Appennino, così diverso dal mondo che hanno creato altrove.
È la terra dell’autenticità, della comunità, del timor panico e del buon senso.

Risuona, questa terra, con la forza e la limpidezza della vibrazione di una campana, come quelle create nella pontificia fonderia Marinelli. Risuona nell’animo di chi se ne sente parte, nel bene e nel male, nei pregi e nei difetti, con la stessa vibrazione che chiama da un campanile lontano.

Nel naso il profumo di legna bruciata, di mandorle tostate per fare confetti, di letame di pecore e scamorze; negli occhi l’immagine di gente vestita dignitosamente, di balconi in ferro battuto, di anziani che si nascondono dietro gli scuri delle finestre, di macellai che sacrificano l’agnello pasquale, di pasticcerie con le ostie delle clarisse sul bancone insieme alle zeppole, di mucchi di neve sporca e strade perforate dalle buche. Di vecchie signore accompagnate alla messa di Pasqua da figli cinquantenni in giacca e cravatta.

E di fronte a tutto questo pensi che si può vivere d’Appennino, si può vivere con meno, che si può vivere meglio, si può vivere semplice e puliti come l’aria di qui. E che si fottano Renzi e Berlusconi, il Wto e Trump, Draghi, le agenzie di rating e la Bce… La vita è breve e non c’è tempo per queste menate.

I had my existence. I was there.
Me in place and the place in me.

L’ha scritto un poeta irlandese, Seamus Heaney,  ma starebbe bene scolpito sull’architrave di pietra del portone di una casa in un paese d’Appennino che tornerà a essere vivo, perché non può essere altrimenti.
Contro, ogni legge dell’economia; a favore, ogni moto del cuore e ogni riflessione di buon senso. Il Molise esiste, l’Appennino pure.

3 pensieri riguardo “Il Molise è vivo e lotta insieme a noi, per l’Appennino

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