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Sul Solenne con il cercatore di castelli

Così come accade per gli esseri umani, ci sono montagne che si fanno notare per la loro personalità. Montagne che esercitano un fascino e un magnetismo diverso dalle altre. Nella bassa Valnerina, ad esempio, è difficile che lo sguardo non venga attirato da un monte, la cui cima svetta isolata e che – forse non per caso – si chiama Solenne.
“Il Solenne è talmente affascinante che negli anni ’70 ci si è schiantato contro un F104. Il pilota, che poi si è salvato, forse si era distratto per guardarlo”, scherza Marco Barbarossa del gruppo Terre Alte del Cai di Terni.
La vetta del Solenne con i prati sommitaliLui del Solenne conosce tutti i segreti. Solo i pastori, che ora sono quasi del tutto scomparsi, ne sapevano di più. E di sicuro anche i Longobardi. Che proprio sotto le pendici del Solenne hanno dato il via alla costruzione di un’abbazia, poi diventata uno degli scrigni dell’arte medievale più importanti d’Italia e d’Europa: l’abbazia di San Pietro in Valle, ancora oggi splendida.
Al contrario, molti dei piccoli paesi di montagna di questa zona e quasi tutte le costruzioni che sono state edificate sui monti, sono in stato di abbandono e così, come scrive Mario Ferraguti ricercatore di storie d’Appennino, spesso i boschi – di notte – si mangiano i paesi e ne restano solo gli avanzi, le rovine.
Anche Marco Barbarossa è un ricercatore, o per meglio dire, un cercatore di antichi castelli, di chiese abbandonate, di eremi nascosti e mangiati dai boschi.
“Intorno al Solenne ce n’è una corona”, spiega Marco. E l’elenco dei nomi e dei toponimi ha già il sapore della leggenda: il castello di Lapparino, con la chiesa di San Nicola, quella di San Girolamo, la rocca longobarda di Colle Borcino, la rocca di Ancaiano, Nicciano, la valle Sacrata e i resti delle sepolture dei duchi longobardi…

La vetta del Solenne non è altissima, non arriva per poco ai 1300 metri di quota. Eppure sembra fatta apposta per vedere e per essere visti. Con lo sguardo si spazia su tutti i monti della Valnerina, sulla conca ternana, sui monti di Spoleto, verso i quali conduceva l’antica Via del Regno, sui Sibillini e sul Gran Sasso. La stessa cima del Solenne la si scorge da decine di chilometri di distanza. “Per questo – dice Marco Barbarossa – non è difficile immaginare che nell’antichità questa vetta fosse considerata un luogo sacro, dove probabilmente c’era una stipe votiva”. Oggi quella stipe non c’è più, ma il Solenne continua ad attirare l’attenzione di tanti appassionati del territorio, amanti della montagna, cercatori di storie e antichi resti, o semplicemente d’aria pulita.
Alla cima del Solenne si può giungere per molti sentieri. Il più bello è probabilmente quello che prende il via dall’abitato di Loreno, sopra Ferentillo e sale prima per una carrareccia e poi attraverso delle roccette e una breve cresta aerea. L’altro, il più breve, parte invece dalla forca delle Cese, prima nel bosco, poi sui prati sommitali. Una bella salita, ma c’è chi l’ha percorsa con la figlia di quattro anni sulle spalle, senza neanche lo zaino portabimbi, per farle provare prima possibile l’aria della cima e per cercare una sorta di battesimo della montagna. Poi è arrivato il mal di schiena, ma di sicuro ne valeva la pena, perché il Solenne è una montagna che ha una grande personalità, un luogo dove si cerca e spesso si trova.
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www.appenniniweb.it per Il Messaggero Umbria – domenica 17 settembre 2017 – #11

 

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