Per Ognissanti facciamo uno scherzetto ad Halloween
Immaginatevi in una delle valli dell’Appennino centrale, la Valnerina, in una notte d’Ognissanti fino a prima della Seconda Guerra Mondiale, forse anche qualche anno dopo. Siete davanti al fuoco del camino insieme alla famiglia, in un piccolo borgo di pietra tra i boschi e sentite bussare alla porta, non una ma molte volte. Non vi dovete sorprendere, né avere paura. Basterà che abbiate una buona scorta di pane dei poveri nella madia. Aprirete e qualcuno con il cappello, il bavero della giacca alzato per proteggersi dai primi freddi, vi proporrà lo scambio. Niente dolcetto o scherzetto, però. Piuttosto una preghiera per i vostri morti, un diesilla, un rosario, in cambio di un tozzo di pane.
Bene! Torniamo ad oggi, a questo Halloween, così di moda, così glamour e allo stesso tempo popolare, più commerciale che pagano, più americano di un Happy XMas, che mescola vampiri, streghe, zombie e zucche illuminate, Celti, Irlanda, Yankee e McDonald’s. Un altro disastro della globalizzazione mondialista.
Eppure, nonostante tutto…vediamo i lati positivi: intanto che la notte tra il 31 ottobre e il primo novembre sia una notte speciale, questo sì, resta. E non è poco. Come pure resta l’aspettativa che in questa notte succeda qualcosa di magico. Quantomeno, ne resta la sensazione e anche una certa narrazione.
Ma cosa succede davvero? Beh, intanto inizia a far freddo, cambia la stagione. E come in tutti i momenti di passaggio le cose sono confuse, i mondi e le dimensioni si mescolano, quelli di sopra con quelli di sotto, ammesso che esistano un sotto e un sopra. D’altronde qualcuno pensa davvero che la realtà sia una sola? Non ci credono più neanche i fisici…
Veniamo alla questione più scottante: il mondo di sotto che emerge nella notte di Ognissanti, ha a che fare con la morte, vero e proprio tabù dei nostri tempi finanziari, globalizzati e commerciali. Tanto che la mascheriamo in tutti i modi, al contrario dei nostri nonni d’Appennino per i quali il morto andava vegliato in casa, guardandolo in faccia, davanti ai nipotini, ai figli, alla vedova, in un ultimo grande banchetto, in un rito collettivo, che in definitiva rappresentava una vittoria della vita, non tanto del singolo individuo, quanto della comunità, della stirpe, più forte della morte, se unita.
I banchetti per i defunti e i riti in loro suffragio continuavano poi ben oltre la loro morte, senza alcuna paura.
In Valnerina, ad esempio – come ci spiega sapientemente Mario Polia nella sua opera monumentale Tra Cielo e Terra – nella notte di Ognissanti (la festa dei defunti che hanno raggiunto il Cielo, al contrario di quella del 2 novembre dedicata alle anime purganti), le famiglie della zona di Cascia, prima di andare a dormire lasciavano la tavola apparecchiata con il cibo per i propri defunti.
E per tutto il periodo dei morti nei borghi dell’Appennino umbro i gruppi familiari facevano le veglie, scambiandosi le visite. Prima una famiglia andava a casa di un’altra per pregare pensando ai defunti di quella casa, poi la visita veniva ricambiata.
La pratica del rosario dei morti recitato di casa in casa è uno degli esempi del potere di socializzazione del sacro nella società tradizionale contadina, scrive Mario Polia.
E poi c’erano le visite dei poveri, che approfittavano della festa di Ognissanti per rendere utili le loro preghiere. Bussavano alle case dei paesi di Scheggino, di Monte san Vito, di Vallo di Nera, di Cascia, di Norcia e – cercando di non farsi riconoscere – chiedevano il pane de li poretti, lo mettevano in una sacca e, in cambio, recitavano una preghiera insieme al padrone di casa, che li accoglieva con benevolenza, per antica tradizione.
Quindi? Beh, se in questa notte di Ognissanti vi verranno a suonare il campanello orde di bambini, adolescenti, o giovanotti travestiti da mostri, potete sempre provare a spiazzarli. Fategli voi lo scherzetto e, come i vostri bisnonni, in cambio dei dolcetti che vi chiedono, proponete di recitare insieme una preghierina, oppure di rivolgere un semplice pensiero (se siete laici) per i loro e i vostri cari che non ci sono più.
Magari si spaventano e scappano.
Oppure no. E si ricorderanno per sempre quel dolcetto che gli avrete dato in cambio di un gioco che scava un po’ più in profondità e che scende giù dritto da quell’Appennino sempre più vuoto di abitanti, ma ancora pieno di senso.