CamminiMontagna madre

La via degli dei gemelli

Video realizzato in occasione del convegno : “I Cammini della Magna Grecia” organizzato dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli – Associazione Eleonora Pimentel.
Regia di Grazia Morace
Voce narrante Tommaso Onofri

Il testo
Prati verde smeraldo. Campi di grano ancora timidi.
Ulivi dalle foglie che si muovono nel vento, argentate.
Boschi di leccio, cupi. Montagne placide, da accarezzare.
Aria leggera di primavera, appena accennata, dietro nuvole pesanti cariche d’acqua fertile.
Acqua in movimento, sorgenti, pozzi profondi che si perdono nelle cavità della terra. Grandi querce e pietre.
Pietre bianche di calcare per farci strade prima e case poi.

Ci sono tante strade che s’incrociano qui.
Tutto nasce con una strada. Tutto nasce con gente in movimento e gente che si ferma.
La gente passa, i miti restano attaccati alle pietre e altra gente ci cammina sopra, qualcuno inciampa, qualcun altro riesce a sentirli i miti, gli archetipi, i nodi che intrecciano ragione e inconscio; riesce a sentirli, perfino con i piedi.

Carsulae è un luogo sopra al quale il tempo scivola…
…il tempo scivola, come la ruota delle stagioni, come le ruote dei carri sul basolato dell’antica via Flaminia. Lasciando solchi…certo.
Late prospectans…late prospectans.
Publio Cornelio Tacito ce ne restituisce un’ampia e pallida visione. Di questo luogo aperto che accolse le genti antiche ed umbre della montagna, di quell’Appennino salito e disceso al termine di una lunghissima migrazione, primavera dei popoli d’Europa.

Luogo aperto, Carsulae, che accolse i Romani, conquistatori anche qui e costruttori di cardi e decumani, teatri e anfiteatri, templi e basiliche, ma soprattutto di vie che andavano oltre le porte, fino al mare, come reti, per prendere e per lasciare.
Vie per prendere terre e per rimodellare i miti altrui.
Qui, su queste pietre, passavano le legioni e si fermavano, prima di rientrare a Roma, per un’opportuna e igienica quarantena, per non ammorbare la già fin troppo ammorbata capitale, suburra, caput mundi.
Qui si veneravano i gemelli divini, l’archetipo dei gemelli che viene dalle profondità della storia e dell’animo dei popoli e riaffiora come un fiume carsico.
Castore e Polluce.
Prima di loro, forse, il dio doppio degli inizi e delle fini, Giano vetusto e la grande madre, in cima a questa montagna che sovrasta Carsulae, la dea Cupra, una Sibilla capace di oracoli e di leggere nelle pieghe del tempo, di vedere le intersezioni del cielo dalle profondità della terra, con sapienza ancestrale.
Poi su queste pietre camminarono i primi cristiani.
Così Castore e Polluce divennero medici e gemelli, per di più santi, con i nomi di Cosma e Damiano.
I loro attributi prodigiosi, come quello di accendere i fuochi sugli alberi delle navi nella tempesta si trasferirono in Sant’Elmo o Erasmo, anch’esso venerato sulle montagne sopra Carsulae, mentre in una continuità di miti e di riti, sempre in cammino, come in una processione senza tempo, gli esuli di Carsulae fondarono, sul colle soprastante la città dei santi gemelli, SanGemini.

In cammino qui passò anche Francesco: il santo di Assisi, intorno a Carsulae, ripercorse le antiche vie e ne tracciò di nuove, che spesso s’incrociarono.
Sotto queste nuvole, le piogge fanno germogliare semi antichi e Francesco nel suo speculum, nel suo specchio vide il riflesso della natura e di lui stesso piccolo, e umile uomo in quest’enorme mondo.
Così il tempo scivola su questa antica città e sulle sue vie, percorse da una folla di uomini al di là del tempo. Una folla che cerca. Un pellegrinaggio senza soste, durante il quale il cammino è la ricerca e il passo è la dimensione per la misura del mondo.
Un passo dopo l’altro, dopo l’altro. Pietra dopo pietra. Lentamente.
Lentamente e umilmente si fa la via.
Finché l’unica unità di tempo che riconoscerai sarà il ritmo del tuo stesso incedere.

“Mentis rector et auriga,
mentem rege, fluxus riga,
ne fluant in devia!”

“Reggitore della mia mente, auriga,
guida l’anima, contieni i flutti
perchè non errino dal retto cammino”.
(Alano di Lilla)

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