Montagna madre

L’essenziale è visibile agli occhi

“Dobbiamo imparare a risvegliarci e a mantenerci desti, non con aiuti meccanici ma con una infinita speranza nell’alba”.
Il suggerimento viene da Henry David Thoreau.
E come non coglierlo in occasione dell’alba più struggente e significativa dell’anno?
Sulla cima di una piccola ma importante montagna di un Appennino un po’ discosto, i monti Martani, millenni fa gli antichi Umbri – che nei loro riti hanno sempre conservato l’eco della sapienza dell’India vedica donde provenivano – edificarono un tempio augurale che richiamava pellegrini da tutta l’Italia centrale.
Da qui c’è una diversa visuale sull’alba del sole nuovo, l’alba del solstizio d’inverno così carica di simboli.
Da qui, da monte Torre Maggiore, uno sguardo a 360 gradi abbraccia luoghi d’Appennino distanti centinaia di chilometri. Qui si può stare con i piedi saldi su pietre squadrate da millenni, sopra una grotta da dove forse si udivano i vaticini più attesi.
Qui si può mirare il cielo cangiante di nuvole e colori, dall’aurora all’alba, dalle stelle alla Stella, tenendo insieme tutto, sopra e dentro la propria testa.
Ci si sente semplicemente immersi in un evento astronomico che, di colpo, diventa ben più fondante e significativo di qualsiasi evento politico e mondano – come è naturale che sia – almeno se lo si assume con cuore aperto, essenziale. E carico di speranza.

“Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.
Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo della vita, vivere da gagliardo spartano”.
H.D. Thoreau

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