Nei boschi dei santi e dei briganti
Ci sono montagne che è bello salire con le gambe di altri. Le montagne di Stroncone sono tra queste. Ma se le gambe d’altri sono quelle di Francesco d’Assisi, di San Bernardino, dei briganti-insorgenti e infine quelle di un prete della fine del ‘700, più uomo di mondo che pastore, allora si rischia di perdere la bussola. Oppure vien voglia di allacciare gli scarponi e di correre dietro a chi ha camminato lì prima di te. Perché la strada poi non è difficile. Basta seguire le tracce scritte, incise, costruite, raccontate. Se le riesci a vedere e ad ascoltare, la salita sarà più lieve, divertente e affascinante. Dunque, partendo da Stroncone per una sterrata ben segnalata che, passando per la Madonna del Tresto sale fino ai Prati (906 m.), non puoi che calpestare i passi di Francesco.
Il santo d’Assisi traversava i boschi dallo Speco di Narni verso Greccio, umile uomo nella grande natura, e siccome le sue tracce erano profonde, per lo stesso sentiero lo seguirono i fratres e Bernardino, il santo francescano di Siena che inventò l’orifiamma con il simbolo di Cristo in un grande sole e che predicava contro l’usura.
Sul sentiero che sale per qualche chilometro e che ti porta nel punto più alto in un paio d’ore, puoi divertirti a trovare le lapidi che un altro francescano, per devozione, pose in ricordo del passaggio di Bernardino. Ma si tratta di segni davvero curiosi che indicano la sedia di San Bernardino, le impronte nella roccia del piede, del ginocchio e della mano del santo e infine la sua botte. Ai Prati, proseguendo a destra dopo la chiesa e il ristorante per la Valle Leona, lascerai le orme dei francescani e troverai quelle dei briganti che vengono dalla direzione opposta, percorsa nel freddo inverno del 1799 dal generalissimo degli insorgenti, l’arciprete Tiburzi di Contigliano. Perché queste montagne tra Terni e Rieti, confine tra Stato Pontificio e Regno di Napoli, furono rifugio di ribelli e teatro di rivolte, quasi un risveglio dell’animo profondo e selvaggio dell’Appennino. Nel 1799 si trattava di cacciare i francesi, i napoleonici, che volevano piantare gli alberi della libertà e applicare le loro leggi in terre poco avvezze ai cambiamenti.
Così i briganti-insorg6 6 penti mossero da Contigliano verso Stroncone. Oggi una bellissima passeggiata di un’ora e mezza tra alberi secolari, in una natura incontaminata, fino alle suggestive casette dei pastori di Cottanello. Allora la camminata servì a portare rinforzi a Stroncone, ultimo baluardo dell’insurrezione. Dove la partita si giocava anche tra rivalità paesane: i due farmacisti uno con i francesi, l’altro con gli insorgenti, in mezzo una donna contesa. Stroncone resistette più di tutti, quasi un mese, ma alla fine venne presa e saccheggiata. Poco prima dell’ingresso degli stranieri un prete del luogo, Don Domenico Salvati fugge dalla porta verso i Prati e ripercorre ancora il tuo stesso sentiero. Poi arrivato in cima, guarda tristemente il fumo che sale dal suo paese cannoneggiato dai francesi del comandante Grabowsky e decide di girare a sinistra per i Piani di Ruschio, scendendo verso il convento di Greccio, come racconta nella sua autobiografia inedita, divertente e divertita di una vita trascorsa fin lì con nobili e notabili dell’Umbria, tra giochi, pettegolezzi e viaggi. L’ultimo è a piedi su questa stessa montagna dove anche tu, sulle orme e con le gambe di altri hai percorso ben tre sentieri: da Stroncone ai Prati; dai Prati a Cottanello e a Contigliano; sempre dai Prati verso Pian di Ruschio e il santuario di Greccio (1 ora e 20). Una lunga camminata tra tante storie. Come sempre, in Appennino.
www.appenniniweb.it per Il Messaggero – Umbria – 30.7.2017/ 6° puntata
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