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Il futuro della Valnerina? È rosso melangola

Tutto è relativo e anche l’amaro in bocca a volte può sembrare dolcissimo. Come quello della melangola, “Anzi della merangola, con la erre, così si dice da noi”. Che poi è un agrume antico, dimenticato da decenni, considerato inutile. E invece oggi, in Valnerina, a Ferentillo, è il simbolo della riscossa. Delle cose considerate inutili, dell’agricoltura, della bellezza, che ora tornano ad essere essenziali per il futuro dei giovani della valle. Sebastiano Torlini ha da fare con le mummie, una delle attrazioni turistiche di Ferentillo, che non possono aspettare. “Appena finito con i turisti nella cripta di Santo Stefano ti racconto tutto”. Trentenne laureato in beni culturali, indirizzo archeologico, 13886431_907910239338422_1600876768578754939_n879325026.png“Vabbè diciamo in lettere così capiscono tutti”, ha un trisavolo capitano dei bersaglieri, dal quale ha ereditato il dinamismo. E non solo. Il trisavolo aveva un oleificio. “Il primo con le macchine a vapore in Umbria, dal 1884, lo stesso anno in cui a Terni nascevano le acciaierie”. Si chiamava Fabio Argenti e da sindaco del paese fu anche uno dei sostenitori del tram per Terni. Però proprio quel tram svuotò le campagne e riempì l’acciaieria. Eppure restò sempre un legame. “Sai come dicevano gli operai quando l’acciaio arrivava al punto di fusione? Ecco, è rosso merangola!”. E così torniamo a questo frutto misterioso e alle amicizie che danno buoni frutti, come quella tra Sebastiano e Giovanni Ridolfi. Coetanei e vicini di casa fin da bambini, poi compagni d’università a Perugia e ora di nuovi uniti. Anche dalla melangola. Perché Sebastiano oltre a fare da guida ai turisti e occuparsi di ricerche sui longobardi, lavora pure nell’azienda agraria di famiglia, che si chiama La Drupa. Dove c’è un grande albero di melangole che fruttifica e adesso ne sono stati impiantati altri sei. “Qualche anno fa il Cnr di Perugia fece una ricerca sulle piante in estinzione e se ne interessò”. E anche noi ne capimmo l’importanza. Così La Drupa produce marmellate 16997766_1946927442207981_5559031196946897469_n.jpgdi melangola e olio extravergine d’oliva agrumato alla melangola.
“Considera che una volta ogni mola olearia aveva una pianta di melangola: era una specie di simbolo, come la frasca per le bettole. E poi la buccia della melangola si passava sopra la bruschetta”.
Giovanni Ridolfi invece è laureato in agraria. “Fin da ragazzino avevo il pallino di produrre birra e di restare a fare qualcosa per il mio paese”. Due obiettivi realizzati. Giovanni quattro anni fa ha comprato un impianto usato a Sondrio. Ora con un altro socio, Andrea Mangione, ha un birrificio che si chiama Magester. “Il nome? Si ispira allo scultore longobardo di San Pietro in Valle: volevo che la mia birra raccontasse il mio bellissimo territorio”. Ursus magester fecit. E così tra una visita all’abbazia e una all’azienda di Torlini, ai due giovani amici venne in mente di aromatizzare con la buccia della melangola appena colta anche la birra. “Ne è nata img-20180203-wa0000887819248.jpgBianca Melangola”. Giovanni non lo dice, ma è una blanche apprezzatissima, che si prepara a sbarcare ben fuori i confini della Valnerina. Confini che invece né Sebastiano, né Giovanni (che è anche il presidente della banda musicale) vogliono lasciare. E con loro molti altri giovani che tornano a occuparsi chi di miele, chi di maiali cinturini, chi di aziende vitivinicole.
“Perché la qualità della vita di qui non ha paragoni con quella della città”. E il futuro è meno amaro. Anche con l’amarissima melangola.

Appenniniweb per Il Messaggero Umbria 4.2.2018

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