Cammini

Con San Francesco verso la Marca

Quando stai davanti al portico di pietra antica della chiesa di Santa Maria di Plestia, in mezzo all’altopiano di Colfiorito, in primavera, se ti giri a sinistra o a destra, non fa differenza. E’ tutto verde. Non si riesce ad immaginare un confine, neanche con un grande sforzo. La terra non è una cartina geografica e qui ci sono solo prati fioriti a perdita d’occhio, anche se ti dicono che di qua è Umbria e di là sono le Marche.

Lo stupore nell’ammirare le mille sfumature del verde d’aprile bagnato dalle piogge, la mole incombente ma non minacciosa delle montagne con i prati sommitali ancora spolverati di neve, fanno dimenticare i dibattiti sulle macroregioni e i confini amministrativi. In questa parte d’Appennino, d’altronde i confini sono sempre stati superati agevolmente. Anche senza il Quadrilatero, i suoi viadotti e le gallerie sotto inchiesta. Basta ritrovare i sentieri giusti. Prima di tutto quelli tracciati da San Francesco, che non si fermava mai nelle sue peregrinazioni.
Difficile camminare, in Appennino, senza incrociare i suoi passi.

Più difficile però, nel 2016, capire e condividere lo spirito del suo vagabondaggio. Ci ha provato l’associazione del Cammino Francescano della Marca, aprendo un’altra via, sicuramente tra le più autentiche, che si aggiunge alla già ampia gamma di cammini francescani umbri, toscani e sabini.

“Siamo innanzitutto dei pellegrini. Nasciamo come tali, sulle strade polverose e accidentate; nelle campagne, tra i monti, ovunque c’è un sentiero ed una meta da raggiungere. E camminando – raccontano gli ideatori del Cammino, Maurizio Serafini, Andrea Antonini, Luciano Monceri e Emanuele Luciani – abbiamo segnato pietra dopo pietra l’intero tragitto che congiunge due santuari, quello francescano e quello emidiano, di Assisi ed Ascoli Piceno”.
Il nuovo Cammino Francescano della Marca, completamente tabellato e mappato, è lungo 167 chilometri, attraversa due regioni, quattro province e diciassette comuni. Lo si percorre a piedi in otto tappe (www.camminofrancescanodellamarca.it), da Assisi ad Ascoli Piceno. E’ un’opportunità unica per calpestare le orme di San Francesco che di qui passò ottocento anni fa e assaporare le atmosfere di questa parte del territorio dell’Italia centrale, conoscere la gente dell’Appennino Umbro-Marchigiano e ammirare la bellezza del Parco Nazionale dei Sibillini e del Piceno.

“S’incontrano lungo il Cammino meravigliose città, cariche di storia e arte, come Assisi, Spello, Foligno, Sarnano, Amandola, Comunanza e Ascoli Piceno, ma anche piccoli borghi intrisi della più autentica cultura appenninica dove diventa obbligatorio fermarsi a godere dei preziosi prodotti della terra; inoltre l’umano bisogno di ristorare l’anima trova soddisfazione nell’incontro con importanti luoghi della spiritualità francescana, da antichi conventi a splendide chiese gotiche e romaniche”.

L’ultimo pellegrinaggio ufficiale è partito alla fine d’aprile. Una trentina di volenterosi italiani e stranieri, dai dieci ai settant’anni, nonostante il meteo non sempre clemente, hanno affrontato le otto tappe al ritmo di 25/30 chilometri al giorno. Il Cammino, partito dalla basilica di San Francesco ad Assisi, si è concluso nella basilica di Sant’Emidio ad Ascoli.

“Abbiamo avuto fin da subito il sostegno spirituale della Confraternita di San Jacopo di Compostella alla quale apparteniamo e dalla quale riceviamo le importanti credenziali necessarie ad ogni pellegrino per accedere alla strutture ricettive. E nel tempo abbiamo coinvolto le istituzioni locali, in special modo la Provincia di Ascoli Piceno che ha creduto immediatamente nel progetto; poi tutti i comuni, dall’Umbria alle Marche, attraversati dal Cammino Francescano. Inoltre la Regione Marche, per mezzo della quale abbiamo recuperato tre ostelli per pellegrini a Comunanza, Venarotta ed Ascoli. Recente, infine, la collaborazione con l’Ordine dei Frati Minori Conventuali delle Marche e del Sacro Convento di Assisi che hanno voluto benedire il nostro Cammino”.

Ma il Cammino Francescano della Marca non è solo un cammino religioso, almeno nel senso più stretto del termine. Ci sono in programma ad ogni tappa eventi culturali e musicali. Si cammina, si ammira la bellezza delle montagne umbro-marchigiane, a volte anche in silenzio, però la sera si mangia insieme, si scherza e si ride. Non manca la goliardia. “C’è un passaggio lungo il fiume Chienti, un po’ insidioso – racconta Maurizio Serafini – che nella fase d‘allestimento del percorso fece cadere rovinosamente un nostro accompagnatore, il vicario del vescovo di Macerata. Per fortuna, dopo l’iniziale preoccupazione non ci furono conseguenze serie: ma da allora quel passaggio è stato scherzosamente ribattezzato la “Calata del Vicario” e opportunamente attrezzato con delle corde”.

Il cammino, così come per altre vie di pellegrinaggio più importanti sta diventando insomma una comunità, in alcuni casi una vera e propria famiglia tra i viandanti e chi offre ospitalità sul territorio. “C’è chi ci aspetta, chi ci accoglie, chi ci racconta, chi ascolta i nostri racconti. E’ così che si superano i confini”.
Ci sono catene che dividono e catene che tolgono la libertà. L’Appennino umbro-marchigiano invece è una catena che unisce e allo stesso tempo rende libero chi la percorre passo dopo passo, con spirito francescano e animo da vagabondo. In auto, a cento all’ora sul Quadrilatero, non si potrà mai riuscire a capirlo fino in fondo. Neanche quando saranno aperte tutte le gallerie.

 

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