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La Valserra, un far west a Ovest della Conca

Rocca San Zenone e Acquapalombo? Sono un po’ troppo ternanizzate. Come l’Alto Adige che, per un austriaco, sembra sempre troppo italianizzato. La vera Valserra, dicono i veri abitanti della Valserra, comincia dopo, dove non arrivano più l’aria e le puzze della città. E’ l’Alta Valserra, che poi qui tutti chiamano semplicemente Giuncano, qualcuno perfino Giuncanyon, considerata le misure anguste della valle e delle strettoie nel torrente. Se fossimo in America sarebbe il posto più wild del comprensorio. Siccome siamo qua, meglio parlare di valle selvatica, la più selvatica del ternano.
In questa valle serrata e selvatica dunque, tra boschi e rocce, non c’è un paese, ma sette paesi. Anzi forse pure di più. Difficile contarli tutti, perché sono tanti e talmente piccoli che spesso si stenta a riconoscerli: Appecano, Acquapalombo, Collegiacone, Poggio Lavarino, Pracchia, Titurano, Polenaco e Porzano. Una volta c’era anche una squadra di calcio che si chiamava, appunto Paesi della Valserra, forse c’avrebbe potuto scrivere un racconto Osvaldo Soriano, ma non l’ha fatto. Tanti paesi e pochi abitanti, in tutto qualche centinaio: nessuna municipalità, molta marginalità.

“Se ne vanno tutti, c’è stata la denuclearizzazione”, ride Lorenzo Luciani.
Cioè? “Cioè: gli uomini giovani lasciano le famiglie per trovare le donne in città: si denuclearizzano”.
Destino crudele e residuale di questa terra sempre contesa tra Terni e Spoleto. Tanto che tutta la Valserra, a parte Rocca San Zenone, è ancora nella Diocesi di Spoleto. “Ma noi non ci sentiamo né spoletini né ternani”, rivendica Lorenzo. “Anzi a volte mi sogno che chiudano la strada e che rimaniamo isolati qua dentro, perché in fondo qui sto bene e non mi manca niente”.
L’anno scorso è successo davvero, ma più che un sogno è stato un incubo, per via del grande incendio. Eppure qualcuno in Valserra continua a coltivare un sogno autarchico e anarchico. Specie chi ha deciso di restare.
Ma perché poi? “Prima di tutto perché ci sentiamo talmente distanti dalla città, che possiamo fare quello quasi tutto quel che vogliamo”. Un far west a Ovest della Conca. O meglio, una riserva indiana, terrà di libertà e di briganti (che c’erano davvero) con le sue leggende e i suoi personaggi. Come Giovannino da Giuncano, sensitivo e guaritore.  Negli anni ’30 del secolo scorso la fama di Giovannino era tale che in un sol giorno furono staccati 800 biglietti  dalla stazione di Terni a quella di Giuncano, per altrettante persone che arrivarono in Valserra col treno a chiedere una sua grazia. Poi ci fu l’estroso Valdo, con la sua trattoria alla forcella, oggi abbandonata…e tanti altri tipi tosti e speciali.
“Qui tutti i posti hanno un nome che non sta scritto sulle carte geografiche”, dice Simone Piacenti da Collegiacone: lu laccone, Pennecchia, Streppeto, Segnaleappolle, lu campu de remo, le buche dell’orba. Località che il postino non ritroverà mai, percorrendo la strada principale, quella di fondovalle accanto alla ferrovia senza più fermate e al torrente che si gonfia e si sgonfia a seconda delle piogge. Restano le pozze e le cascatelle, non più i granchi che una volta attraversavano la strada. “Però ancora si può fare il bagno, come facevamo da bambini”.
Piccole avventure, che si potrebbero vivere ancora oggi, con il torrentismo e le ferrate, quelle del parco della Valserra che però non è mai decollato: di gente ne arriva pochina, tranne quando in luglio ci sono la festa, la taverna e i piatti tipici.
Qualcuno comunque continua a varcare le porte della Valserra e magari decide persino di trasferirsi qui, o di tornare a viverci, in cerca di libertà, refrigerio, verde, borghi antichi e forse, anche per sperimentare un po’ di sana anarchia, o di magia ruspante, come quella di Giovannino da Giuncano. L’importante è che sia vera Valserra, il più possibile distante dalla città. Sennò non è abbastanza wild.

 

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