Cuore d’Europa: i boschi, i monti, il sole e il fuoco

C’è un dibattito in corso, sempre vivace, almeno in apparenza. Ci si chiede quale sia l’identità d’Europa, se ne esista una oppure ne esistano molte, in una fase in cui tutto il mondo è in movimento e tante vecchie certezze rischiano di essere travolte.

C’è chi parla di religione, chi di diritti, di democrazia o di solidarietà, come valori condivisi.

Dalle montagne d’Appennino, scrutando creste, forre, altipiani e vallate, si avverte una suggestione diversa che arriva insieme alla tramontana.

E se l’identità d’Europa la cercassimo semplicemente, così come per tutte le altre terre, nel suo paesaggio?

Perché poi è il paesaggio che fa la cultura. Il rapporto tra l’uomo e il territorio crea economia, idee e sogni. Non necessariamente in quest’ordine. E non importa la razza di chi abita i territori, l’importante è che chi li vive impari a conoscerli, li senta, se ne lasci influenzare.

Ma il paesaggio d’Europa, o meglio i paesaggi d’Europa, apparentemente così diversi dal Baltico al Mediterraneo, hanno un comune denominatore?

Forse, se c’è, questo comune denominatore è da cercare tra i boschi e le acque. E tra i borghi, le case, le città che nei secoli sono state costruite con le pietre trovate accanto ai corsi d’acqua e con il legno delle foreste. E nelle cattedrali immaginate in forma di bosco, e nei boschi stessi, nelle grandi faggete, e nelle maestose abetaie, o nelle pinete resinose, dove si ritrova il senso panico del sacro e dove si accendevano fuochi: rituali, necessari, comunitari, familiari, evocatori di legami ancestrali.

Forse la comune identità europea potrebbe stare nascosta  proprio nella testa di chi tiene i piedi per terra sul suolo europeo e guarda oltre l’asfalto, il cemento e gli schermi. Anche, anzi soprattutto, da una vetta d’Appennino. E da lì pensa che, nell’attesa che il suo sole ritorni, o l‘Europa si ritrova intorno a un fuoco, oppure non è. 

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Un pensiero su “Cuore d’Europa: i boschi, i monti, il sole e il fuoco

  • 7 Settembre 2017 in 19:43
    Permalink

    Se penso alla devastazione del fuoco, l’ultima di pochi giorni fa, mi viene un magone… una ferita aperta.

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